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Primo Decreto attuativo sul decentramento: Una truffa per i Comuni?

Roma,

La “cabina di regia” predisposta per l’attuazione del decentramento, composta da ANCI, Governo e Agenzia del Territorio, in data 28 febbraio 2007 ha presentato alle organizzazioni sindacali la bozza del primo decreto attuativo. L’analisi dettagliata del DPCM che vedremo più avanti, l’atteggiamento di sudditanza da parte dell’Agenzia del Territorio nei confronti dei Comuni o meglio dell’Anci nel presentare alle OO.SS. il DPCM stesso, alcune considerazioni di carattere politico nonché il puro e semplice buon senso ci inducono a farci domande e darci risposte (ahinoi) inaccettabili. La strana contraddizione che emerge dalla lettura di questa vicenda consiste nella inspiegabilità per cui i Comuni dovrebbero prendersi il Catasto.

Vedremo nel dettaglio che i Comuni non avrebbero con l’assunzione parziale o totale delle funzioni catastali nessun sostanziale vantaggio economico ma c’è di più: non ci sarà  nessun vantaggio neanche per il cittadino/utente. Se quindi i Comuni non potranno, alla luce del DPCM e di come è stato organizzato questo decentramento, offrire un servizio migliore di quello già offerto dall’Agenzia del Territorio e se non otterranno importanti incrementi economici perché tutta questa frenesia per il decentramento? Ora come non mai appare chiaro che l’unica finalità di questa operazione è l’assunzione di potere da parte degli amministratori dei Comuni, insomma si sta concretizzando ciò che avevamo immaginato: tagli di fondi da parte dello Stato agli Enti Locali ed in cambio il magnifico regalo del catasto che permetterebbe ai Comuni stessi di essere “più vicini” al mercato edilizio.

Dall’attenta lettura del DPCM, infatti, si nota che si cerca di “nascondere” ai comuni la possibilità di continuare a non preoccuparsi della gestione diretta delle funzioni catastali lasciando questo gravoso compito all’Agenzia del Territorio, gratuitamente e con la professionalità, produttività e competenza che l’hanno sempre contraddistinta.

Nella nota stampa, inviata dal sottosegretario Grandi, si legge testualmente: ”Questo Dpcm è il primo importante passaggio attuativo sulla cui base i Comuni potranno decidere se gestire in proprio tutto o in parte il catasto”. A questa erronea perché incompleta affermazione fa seguito l’articolo del 1 marzo del quotidiano “Il Sole 24 ore” che evidenziava: “Agli enti 90 giorni per scegliere quali funzioni assumere: in mancanza, si accolleranno il “pacchetto” più pesante”; leggendo poi l’articolo si scopre che “I Comuni potranno scegliere fra tre “pacchetti” di funzioni”. Nella realtà dei fatti, invece, la lettura combinata tra il comma 6 dell’articolo 2 ed il comma 5 dell’articolo 10 decretano che se i Comuni non effettueranno scelte l’Agenzia continuerà a gestire per loro il Catasto ed il comma 7 dell’articolo 2 contiene implicita la quarta opzione con la quale si evita la gestione diretta dando comunque la possibilità di aprire qualche sportello per le visure gratuite.

Questo decreto viola chiaramente la normativa occultando deliberatamente l’opportunità data ai Comuni di NON prendersi il Catasto lasciandolo all’Agenzia del Territorio che, come previsto dalla stessa  legge finanziaria, potrà continuare a gestirlo gratuitamente per 10 anni.

La RdB-CUB si batterà, con l’aiuto della mobilitazione di tutti i dipendenti dell’Agenzia del Territorio, per far si che il primo decreto sia più chiaro, continuando, comunque, la campagna d’informazione sulla necessità e l’importanza di convenzionarsi, per tutte le funzioni catastali, con l’Agenzia del Territorio perchè qualitativamente preparata ed organizzata.

Il decreto (comma 3 dell’articolo 3) sgretola il Catasto spezzettandone non solo le funzioni ma anche gli archivi cartacei in modo irreversibile e disastroso e, inoltre, costringe i Comuni che non riusciranno a gestire le funzioni scelte, a causa della complessità nascoste o per gli elevati costi gestionali, a NON poter tornare indietro. L’articolo 10 (comma 5 e 6), infatti, prevede che questi potranno prendersi soltanto “nuove ed ulteriori funzioni” e “optare per un regime più ampio di esercizio” ma non tornare alla totale e completa gestione da parte dell’Agenzia.

Il tocco finale è lasciato all’articolo 11 con il quale si mettono a disposizione dei Comuni 46 milioni di euro, ma nella realtà, a ben guardare si scopre che si tratta di uno “specchietto per le allodole” perché al Comune andranno, se decideranno di farlo su base volontaria, una manciata di impiegati catastali per ognuno dei quali è prevista una quota fissa di 1900 euro, ma se neppure un dipendente volesse passare ai Comuni anche questi euro rimarrebbero soltanto sulla carta.

L’ulteriore “sicuro” contributo economico sarebbe disponibile soltanto a regime, quantificabile in un 5-15% dei tributi speciali catastali. Ma queste pochi spiccioli servirebbero al comune per coprire una “briciola” delle risorse finanziarie necessarie alla gestione del Catasto a cui sommare i tempi ed i costi per la formazione di personale esperto.

Con questo decreto si è voluto confezionare un “pacco” regalo che, una volta aperto dai Comuni, si rivelerà per quello che effettivamente è: una “grossa fregatura” dalla quale non sarà possibile tornare indietro.

Ai comuni viene chiesto: ”Quale opzione scegliete, la 1 la 2 o la 3?“ Noi vi diciamo di farvi furbi e non scegliere affatto così potrete continuare a dormire sonni tranquilli senza buchi imprevisti di bilancio.

Lasciate fare il lavoro a chi lo sa fare!

Come salvare il nostro lavoro?

Gli emendamenti RdB/CUB alla Finanziaria sono stati accettati grazie alla forte adesione dei lavoratori allo sciopero del novembre scorso.

Ancor più massiccia deve essere la partecipazione allo

sciopero generale di pubblico Impiego

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CONTRO LO SMANTELLAMENTO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE